27.12.06

HAL 9000 è un pirata della strada

Google maps è meraviglioso.
Posso perdermi per ore fra Tallin e Helsinki: 10 km di mare o 700 su strada passando per Sanpietroburgo?
Saltare da "map" a "satellite", a "hibrid"... è stupefacente.
Mi perdo anche a Roma, cercando una piazza o la piscina di un amico.
A volte mi fermo a pensare quanto lavoro, quanto tempo macchina e quanti milioni di ore*uomo ci sono voluti per farlo.
C'è moltissima fatica umana, per esempio il senso di percorrenza delle strade qualcuno ce lo deve aver messo con le sue manine, ma suppongo che per quanto sia stato possibile abbiano fatto girare le macchine.
Il percorso fra due indirizzi viene elaborato da un codice molto sofisticato, però imperfetto: attenti ai consigli sui percorsi.
Su Viale Trastevere NON si può fare inversione a U.

26.12.06

Comunicazione di servizio

Ho qualche problema con il sito, sto lavorando per risolverlo.

Il laboratorio a Via di Ponziano 15, sarà aperto il 27, 28, 29 dicembre e chiuso il 30, 31 dicembre e 1 gennaio

aggiornamento (27.12.06): risolto

22.12.06

Anagramma

Laboratorio Le Ben = Onoro labbra liete


Grazie Zatarra!

17.12.06

Sfoglia!

Brava Esther che ha continuato a provare (e a farmi modificare le farine) senza tener conto dei miei scoraggianti commenti e brontolii.

Lo considero un grande risultato tecnologico.

13.12.06

La madre di tutte le granaglie

La quinua o quinoa (si pronuncia kinua) era il grano sacro degli incas, il chisaya mama: la madre di tutte le granaglie, appunto.

La quinua non è un cereale, è una chenopodiacea, parente prossima dello spinacio e della barbabietola.
La quinua non contiene glutine, ma tante cose buone (nel seme le proteine sono il doppio che nei cereali).

Non ci sono risultanze scientifiche che sconsiglino il consumo di quinua da parte dei celiaci.

La quinua è una pianta molto tosta, cresce fra i 2500 e i 4000 metri di altezza in un areale diviso fra il Perù e la Bolivia (e il 90% della produzione boliviana finisce in Perù, per lo più di contrabbando).
Tralasciando i campi sperimentali in giro per le americhe (di solito ad altitudini più umane e con rese migliori) mediamente un ettaro di quinua produce 500-600 kg di semi ogni anno, che vengono pagati intorno a 1$/kg; a quelle altitudini, e con quei dislivelli, una famiglia di contadini riesce a coltivare uno o due ettari (la produzione è molto parcellizzata).

Ci sono molte varietà di quinua, in linea di massima più il seme è grande più è pregiato.
Dopo il raccolto, i semi devono essere portati ai centri di raccolta (nelle città più importanti) dove si procede al loro lavaggio accurato, per togliere la saponina che ne ricopre la buccia ed è molto amara.

Conviene in ogni caso lavarla ancora prima di cucinarla e, dopo tutta questa fatica, la si può finalmente mangiare.
Si usa in modo simile al riso e, come il riso, di per sè la quinua non sa di molto.
[trad.: sono stato costretto all'assaggio di
pudding di quinua totalmente privi di sapore e dalla consistenza inquietante]

Quest'estate sono andato alla fonte e ho avuto occasione di mangiare cose di quinua buone.

In particolare, la granola.

E' una sfera di ca. 5 cm di diametro fatta di quinua soffiata e amalgamata con miele, o acqua e zucchero, e forse del bianco d'uovo (nel caso poco), non ho potuto fare molto reverse engineering: ero al Paso de Chiquian, a 4200 m.s.l.m., il sole a picco bruciava la pelle e la temperatura era vicina allo zero, ma soprattutto avevo fame.

Si sgranava come una barretta di sesamo, ma più morbida e leggera, molto "riempiente" ed energetica, con 5 di queste, un etto di formaggio e una specie di foccaccina sono andato avanti un'intera, lunga, giornata.

Qualche giorno dopo, a Cuzco, la proprietaria del Pachamama (calle Maruri 215), su mia irresistibile richiesta, ha scritto questa ricetta sul retro di un cartoncino.

Crema de Quinua

* 250 g di quinua macinata
* 2 cucchiai di burro
* 2 cucchiai di olio di oliva
* 1 tazza di latte (o panna)

Riscaldare una pentola, metterci l'olio, il burro, il latte e aggiungere la quinua macinata [lasciar sobbollire un poco].
Aggiungere sale a gusto.

Io ci ho messo anche dei crostini, olio a crudo e pepe.

Non era per niente male.

E adesso?

Si legge meglio?

8.12.06

Memorie di un cuoco di astronave

E' un libro di Massimo Mongai che consiglio a tutti, è acuto e divertente ma -soprattutto- un inno alla diversità alimentare.

Si veste sempre a gusto degli altri, ma si mangia a gusto proprio.
Noemi Nicoloso Mongai (1913-1996)

[...]
Su qualunque Astronave Extra Sistema normalmente le sale da pranzo, così come le cucine, sono separate quanto più possibile per specie per una serie di ottime motivazioni.
Da quelle tecniche a quelle biologiche a quelle psicologiche.
Ad esempio gli Hustemee sono allergici all'alcool al punto da morirne; per loro è un veleno anche in minime dosi, e l'alcool è volatile, si diffonde sia pure in minute quantità nell'aria, anche dai bicchieri di vino e molto di più dai superalcolici. Preparare un piatto "flambee", anche delle semplici crepe-suzette, a dieci metri di distanza da una tavolata di Hustemee significa uccidere tutti i commensali all'istante!
Un cuoco si potrebbe fare una cattiva fama, con un episodio del genere.
Oppure, pensate ad un popolo di ruminanti come i Ventosi, che, normalmente nel corso di un pasto, per buona educazione rigurgitano il bolo ruminato nel piatto per offrirne ai vicini, come un vero e proprio obbligo di buona educazione. Roba da vomitare anche per un umano, il che oltre tutto viene scambiato dai Ventosi come un gesto di cortesia da ripetere con reciproci assaggi.
E quando le abitudini in senso tecnico sono reciprocamente compatibili, non è detto che basti: ad esempio mangiare del pollo davanti ad un alieno aviforme non è cortese: lui avrà letteralmente l'impressione che voi stiate mangiando un infante della sua specie; e per un umano assistere ad un pasto di un aracnoide, beh, è veramente una esperienza, come definirla, ben oltre i limiti del sopportabile! Vaccino pro-alieni o meno.

4.12.06

Sensi

[scena 1]
Sono le 15:30 entra MT.
Ha il casco in mano, non lo vuole appoggiare perchè va di corsa, va sempre di corsa MT.

Esther le domanda se ha pranzato.
No, non ho mangiato, ma non ho tempo, ti ringrazio.
Maddai, ti riscaldo qualcosa, cinque minuti...
No, grazie davvero, devo essere fra venti minuti dall'altra parte della città, non ho tempo.
Peccato, oggi ho fatto le quiches...
Ho tempo.


MT è in piedi, con la forchetta nella destra tenta di tagliare la quiche su un piatto di carta, è un'operazione scomoda perchè il piatto si piega e bisogna sostenerlo sul palmo, ma lei non sembra curarsene molto.
Io sì.

Devo mettere una mensola...
, mi giro verso il muro per visualizzare la mia mensola e aggiungo mostrando con le mani ecco, così, da lì a qui, larga più o meno così, o secondo te dev'essere più larga?
Mmmmhhhhh... mmmmhhhh...
Mi giro e vedo che lei non mi sta ascoltando, è voltata da un'altra parte, ha la testa leggermente all'indietro, sta mangiando la quiche e geme.

[scena 2]

MB addenta il brownie, un quadretto di torta al cioccolato e nocciole, una briciola le finisce fra il medio e l'anulare, lei cerca di trattenerla mentre allontana la mano dalla bocca per portare il brownie nel suo campo visivo e dice: Arrapante...

Ecco io voglio fare queste cose, perchè credo che questa sia la differenza fra alimentarsi e mangiare, credo che il cibo possa essere, debba essere, una festa dei sensi.

Chipà

Sono una specialità del Paraguay, fatti di manioca e formaggio vanno mangiati caldi, appena sfornati.

Sono croccanti fuori e morbidi dentro, assolutamente irresistibili.

Li si cuoce al forno per 4 o 5 minuti a 170 °C, facendo attenzione a non abbrustolirli (altrimenti la crosta s'ispessisce), il punto giusto per tirarli fuori è quando sono così:

Bianchi e con le lentiggini.

2.12.06

Intro

Questa avventura è iniziata alcuni anni fa quando Esther espose la sua idea: gratificare chi è nella condizione di dover mangiare senza glutine.

La nostra prima ipotesi fu di approvvigionarci sul mercato; abbiamo girato l'Italia, e poi l'Europa, siamo andati negli Stati Uniti, in America Latina e in Asia, alla ricerca di prodotti che fossero sicuri -condizione preliminare a ogni altra considerazione- e buoni per poterli poi offrire qui.

Ne abbiamo trovati alcuni; in commercio ci sono prodotti sicuri e ce ne sono anche di buoni, alcuni sono l'uno e l'altro.
Però abbiamo verificato che quei prodotti buoni e sicuri che avremmo potuto "raccogliere" in giro per il mondo diventavano -con il trasporto a Roma- un po' meno sicuri, o un po' meno buoni o tutt'e due.

In ogni caso il risultato era insoddisfacente: non era quella la via per dare corpo all'idea iniziale.

Così decidemmo che il prodotto si doveva realizzare qui, e che era qui che si doveva costruire la nostra filiera della sicurezza:

1. materie prime naturalmente prive di glutine,
2. acquistate presso fornitori che non lavorino frumento, o altri cereali o potenziali contaminanti,
3. trasportate e immagazzinate in mezzi e locali "puri" (che non trattino glutine),
4. processate in un ambiente che punti agli standard del laboratorio biologico, e con una
5. analisi finale del prodotto che possa garantire sull'integrità dell'intera catena.

E' una macchina complessa, impegnativa e costosa.

Però questa macchina ci offre una bella opportunità: se devo comprare un sacco di riso, da un produttore che non tratti frumento o altro, e poi lo devo trasportare in modo assolutamente sicuro fino a qui (con eventuali soste in magazzini puri), trovo che la differenza iniziale di prezzo -fra il miglior riso del miglior produttore di Pavia e un peggior riso di un produttore asiatico- ha poca incidenza sul costo del sacco di riso quando arriva al mio laboratorio.

Posso permettermi di comprare il riso migliore senza sensi di colpa riguardo al prezzo finale del prodotto.
E lo posso fare per tutto: per il riso, per il mais, per cioccolato, per i pistacchi...

Mi piace dire che -in laboratorio- faccio i migliori bignè del mondo, non perchè io sia un bravo pasticcere, tutt'altro, ma se ho i migliori ingredienti, se non uso le "polverine", ma le migliori uova, il miglior burro, il miglior latte, se seguo un procedimento classico, fatto di fuoco e di lavoro meccanico (e questo, come ingegnere, lo so fare) è evidente che non posso ottenere che il miglior risultato.

Ma non si vive di soli bignè e, soprattutto, la nostra filiera non è fatta per darci i migliori bignè o le migliori materie prime, questo è un sottoprodotto del funzionamento della macchina che è fatta per altro: è fatta per lasciare il glutine fuori dal nostro orizzonte; e quando si tratta di fare pane, prodotti da forno e pasticceria, il glutine è il miglior ingrediente dell'universo.

La storia tecnologica del pane, del frumento, del glutine ha più di cinquemila anni, quella del senza glutine non è neanche trentenne, è ai suoi primi vagiti, non siamo nella sua era tecnologica: siamo nell'epoca dell'alchimia del gluten free.

A oggi il glutine non è surrogabile, cioè non esiste un ingrediente che -sostituito al glutine- abbia gli stessi effetti sull'impasto e sul cotto senza dare i problemi che dà il glutine: per fare prodotti da forno gf, bisogna costruire degli equilibri difficili di farine che imitino (per l'aspetto che ci interessa) il comportamento del frumento.

Da soli -Esther e io- non avremmo saputo superare brillantemente quest'ostacolo tecnologico, ci saremmo appiattiti su un premix industriale che non ci avrebbe permesso di fare cose eccezionali. La svolta è avvenuta circa un anno e mezzo fa, quando abbiamo incontrato Nora.

Nora Caramés è la numero uno in Argentina per la produzione di alimenti gluten free, lavora nel campo sin dagli anni novanta, ha diverse linee di prodotti, collabora con le associazioni dei celiaci argentini (sia ACELA che ACA), tiene corsi di cucina senza glutine, un appuntamento radiofonico settimanale, e altro, tanto altro.


Nora ha una passione e un'energia senza limiti, ma soprattutto ha un'esperienza ineguagliabile e tanta, tanta, magia, con queste cose ha creato delle composizioni che permettono, con un processo di cucina classico, di ottenere il miglior pane e la miglior pasticceria senza glutine che io abbia mai assaggiato nella mia ricerca sui prodotti dei cinque continenti.

Nora ha creduto nel nostro progetto, e non la ringrazieremo mai abbastanza per la generosità e la trasparenza con cui ha condiviso con noi le sue formule, le sue tecniche e i suoi segreti, al fine di riprodurre qui le sue creazioni.

La Grande Opera

Il percorso alchemico è costituito da diverse operazioni e fasi attraverso cui la materia originaria trasmuta cambiando aspetto, qualità e potenzialità.

L'intero opus alchemicum è suddiviso in stadi chiamati con il colore assunto dalla materia durante la sua trasformazione: nigredo, albedo e rubedo.

Il primo è l'opera al nero nel quale la materia spurga, si dissolve e imputridisce;
il secondo è l'opera al bianco, nel quale sublima e si purifica;
il terzo, l'opera al rosso, è lo stadio finale nel quale si raggiunge la perfezione ottenendo la pietra filosofale, elemento capace di trasmutare il ferro in oro (o qualunque cosa in qualunque altra).

Il risultato dell'opera al bianco è la panacea, il rimedio che guarisce tutti i mali.