L'ottimo
psicocafe ci parla di un
popolo senza numeri e allaccia questo post ad altri due (
qui e
qui) che trattano di come il linguaggio modifichi la percezione.
In tarahumara, un linguaggio indigeno del Messico, vengono indicati con un unico termine quelli che per noi sono il "blu" e il "verde". Già nel 1984 Paul Kay aveva dimostrato che coloro che parlavano inglese percepivano il verde e il blu come molto più "distinti" fra loro di quanto facessero coloro che parlavano tarahumara, come se la distinzione linguistica blu/verde rendesse più "vivida" la differenza percettiva
In breve, e tagliando con la motosega, se possiedo parole per differenziare due cose allora riesco a distinguerle.

Mi fa venire in mente l'inizio de "il senso di smilla per la neve", dove si narra di quanti modi diversi hanno gli aborigeni artici per definire la neve secondo consistenza, colore e altro e di come ciò consenta di "leggere la neve".
I risultati degli esperimenti citati da psicocafe sottolineano l'enorme importanza del linguaggio nell'analisi sensoriale: sotto stimolo i sensi offrono una percezione, senza le parole per descriverla l'esperienza è più attenuata, non ci può essere analisi e persino il ricordo diventa più labile.
Viceversa, chi ha le parole per dirlo si gode di più la cena.
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